IN LIBRERIA DAL 9 SETTEMBRE
Titù
di Claudine Galea e Goele Dewanckel
Un bambino e la sua sostenibile leggerezza dell’essere
Titù è un bambino silenzioso. Lui sa bene che le cose si possono capire molto meglio attraverso
lo sguardo. Non si spiega perché invece i grandi si ostinino a parlare, parlare, parlare e spesso anche a urlare nei suoi confronti solo ordini e divieti. Per difendersi da quella valanga di parole scandite che ogni giorno lo investe decide di uscirsene da una finestra immaginata per potersi dedicare
alle cose che piacciono a lui, con il suo ritmo. Se allo sguardo può sembrare che quel bambino stia perdendo tempo, in realtà davanti a loro c’è il corpo ma la testa è altrove, occupata a essere lucciola luna lucertola lumaca, ragno radice ravanello ranocchia, patata palla paguro passerotto, a farsi mille domande importanti. Lì, nel suo paese, si sente finalmente al sicuro, tra amici. Sa che lì i grandi sono troppo grandi per poterci entrare.
Le parole e le immagini
Claudine Galea è cresciuta a Marsiglia e ora vive a Parigi. Ha scritto testi teatrali, romanzi per giovani adulti e anche libri per l’infanzia per Rouergue, Seuil e Verticales. Ha pubblicato numerosi testi teatrali
tra cui “Fake” (2019), una storia di adolescenti, che ruota intorno all’amore, all’amicizia e ai social network. Claudine Galea ha sempre esplorato la scrittura in tutte le sue forme, non lasciando indietro la corporeità
e la potenza che può avere la voce. Vincitrice del Grand Prize for Youth Dramatic Literature nel 2019
per Noircisse e del Grand Prize for Dramatic Literature nel 2011 per Au Bord, ha anche ricevuto il SACD Radio Prize per il suo lavoro in ambito radiofonico. Nei suoi scritti, fino al suo ultimo romanzo “Les Choses comme elle sont” (2019), si è spesso concentrata sui condizionamenti dell’infanzia e dell’adolescenza in ambito familiare e sugli auspicabili percorsi di emancipazione che possono essere messi in atto. Titù (Au pays de Titus) ne rappresenta in qualche modo il manifesto.
Potenza fiamminga, sensibilità vallone per sentimenti senza confini. Come le sue figure, in bilico tra Matisse e Kirchner, anche Goele Dewanckel è una donna di frontiera: nata nel 1959 nel Belgio fiammingo, vive in Francia, a Châtillon, ma insegna a Gent nella stessa École des Beaux-Arts Sint Lucas che la vide studentessa. In questa continua altalena tra Francia e Fiandre radica il suo stile inconfondibile, sospeso tra dolcezza lineare e espressionismo cromatico, tra l’allegria dei papiers collés e la potenza delle xilografie popolari. Ed è proprio grazie a questo stile, fatto di larghe campiture e tratti essenziali, che le immense tavole dei suoi libri lasciano al lettore-osservatore lo spazio per immergersi nel racconto, e riviverlo. Tra i suoi numerosi albi, “Je ne m’ennuie jamais” (Seuil Jeunesse) su testo di Pieter van Oudheusden. “Titù” (Au pays de Titus) è stato premiato al “Concours des plus beaux livres français”. Nel catalogo di Orecchio acerbo anche “Baci”
(2013).
Titù -56 pagine a colori, 17 euro- in libreria dal 9 settembre
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