STORIELLE EBRAICHE MA ANCHE NON
di Diana Sinigaglia
Aras Edizioni
Metti una sera qualsiasi che stai girovagando sui social e ti capita di fare la conoscenza di una persona speciale...
E' cosi che una sera di qualche settimana fa ho conosciuto Diana Sinigaglia.
Accumunate dalla passione per la lettura e da qualche amicizia vera e virtuale in comune, Diana mi ha voluto omaggiare del suo libro Storielle ebraiche ma anche non, volume di 110 pagine che raccoglie una serie di racconti.
Il titolo mi ha da subito intrigato ed ho iniziato la lettura di queste storie in cui davvero trovi di tutto: personaggi di ogni tipo, situazioni più che variegate, dialoghi ironici e dialoghi seri, gocce di memoria...
C'è una tradizione di storielle ebraiche da Sholom Aleichem a Isaac Bashevis Singer, fino ai fratelli Coen e Moni Ovadia da cui i brevi racconti di Sinigaglia si ispirano e si distinguono perché questa è una raccolta dove alla cultura ebraica si mescolano gli stereotipi, le manie, le insicurezze, il lato noir della quotidianità, in una alternanza tra memoria e presente. Storielle ebraiche ma anche non di Sinigaglia sono brevi spaccati di vita che corrono sulla linea del tempo, dalla guerra alla contemporaneità, tratteggiando personaggi come schizzi su tela: il professore, il prete, i condomini, i genitori, gli amanti, i bambini, tutti protagonisti di una commedia umana tra fragilità e forza.
Per meglio comprendere il messaggio che l'autrice ha voluto veicolare con questa preziosa raccolta è stato necessario fare una piccola ricerca per cercare di comprendere il significato di "storiella ebraica" e, in questo il buon Google mi ha dato una mano.
Ho scoperto che la storiella ebraica o judischer Witz o anche solo Witz è praticamente l'espressione più tipica, anzi per antonomasia dell'umorismo ebraico.
Ciò che viene posto in risalto nelle storielle ebraiche in generale ma soprattutto in quelle di Diana è infatti la loro natura fortemente autoironica.
E scomodando il grande Freud, il quale vi dedicò addirittura uno studio nel 1905, rilevò come non esistesse in altre culture, qualcosa di analogo alla storiella ebraica che fa uso dell'autoironia come sfondo sistematico alle storie di vita comune.
Nel libro di Diana Sinigaglia è palese il fine di tenere viva la Memoria, quella con la M maiuscola, e il motivo lo si capisce scorrendo la sua biografia.
La grandezza degli scritti però è che dentro c'è la Vita.
La vita in ogni sua sfacettatura, la vita dei bambini, degli anziani, degli amanti, di chi rappresenta una istituzione.
Ma mi sono anche chiesta come mai nel titolo ci fosse il "ma anche non" e mi sono data una duplice interpretazione.
La prima trova il suo fondamento nell'ironia che altro non è che un modo di affermare il contrario di ciò che si pensa (e qui ci sta il "ma anche non").
La seconda, invece, trova il suo fondamento nel fatto che non tutti i racconti sono prettamente rientranti nei canoni delle storielle ebraiche.
Non so se avrò azzeccato l'interpretazione ma so per certo che la lettura di questo libro ha centrato lo scopo primario della lettura che è quello di arricchirti e di darti qualcosa in più che non conoscevi.
Ecco io oggi mi sento cosi: più ricca e di questo ringrazio Diana Sinigaglia.
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