giovedì 28 aprile 2022

Segnalazione RITORNO A BASAGLIA? - Paolo Francesco Peloso - Erga edizioni

 RITORNO A BASAGLIA?

La deistituzionalizzazione nella psichiatria di ogni giorno
di Paolo Francesco Peloso
 

Chi è stato Franco Basaglia? L’uomo che ha distrutto l’ospedale psichiatrico, uno psichiatra che ha condiviso con tanti il progetto di una società più inclusiva, più libera, più giusta. Che cosa ne penserebbe di quello che facciamo oggi?


Introduce: Lucio Ghio, Dir. del Dip. di Salute Mentale e Dipendenze di ASL 3 
Interventi di: Natale Calderaro, Luigi Ferrannini, Antonio Maria Ferro 
Sarà presente l’Autore
Modera la giornalista Carla Scarsi

 

Questo volume riprende oltre 50 scritti pubblicati da Franco Basaglia, tra saggi e monografie, riportando oltre un centinaio di citazioni dirette, più o meno lunghe, insieme ad altre dei suoi collaboratori a Gorizia e a Trieste o di altri autori a lui contemporanei, e prende in considerazione oltre  60 scritti, tra saggi e monografie, che hanno Basaglia per protagonista.
Offre l’accesso diretto a dodici video, in 3 dei quali è possibile ascoltare la voce stessa di Basaglia.
Approfondisce il rapporto di Basaglia con gli autori ai quali fa riferimento, da John Connolly ed Evariste Marandon de Montyel nell’Ottocento, a Jean Paul Sartre, Edmund Husserl, Ludwig Binswanger, Eugène Minkowski, Erwin Straus, Maxwell Jones, Denis Martin, Frantz Fanon, Michel Foucault, Erving Goffman, Russel Barton, Primo Levi nel Novecento.


 

Basaglia è stato in vita, e rimane ancora, destinato a mettere in crisi e dividere. La ricezione del suo insegnamento articolato, complesso e talora contraddittorio, può essere di cinque tipi.
Il primo e più diffuso è quello di chi identifica in lui l’uomo che ha chiuso i manicomi in Italia e contribuito alla fondazione di una nuova psichiatria nel territorio; possiamo affermare che a quarant’anni di distanza quasi nessuno tra coloro che si occupano di psichiatria non lo apprezza per questo, anche se qualcuno tende a ridimensionare il suo  ruolo perché i problemi che apre la ricezione del suo pensiero imbarazzano coloro che vorrebbero fermarsi qui.
Il secondo tipo è quello di chi accetta anche il riferimento di Basaglia alla filosofia fenomenologico-esistenziale, e parliamo già di un numero limitato di persone.
Il terzo è quello di chi, oltre a essere interessato a questi due aspetti, lo è anche al suo ruolo di tecnico e critico dell’istituzione psichiatrica e al suo modo di intendere la relazione di cura, la vita delle istituzioni e i processi di risoggettivazione del paziente.
C’è poi chi recepisce la critica che egli porta, sul piano politico, ai meccanismi di esclusione che la società mette in atto contro il malato mentale in primo luogo, ma più in generale all’esclusione e all’ingiustizia da parte della società in ogni aspetto. Questo quarto tipo di ricezione non è più molto diffuso tra gli addetti all’assistenza psichiatrica, ma lo è piuttosto tra i cultori di scienze sociali.
Il quinto tipo è il più complesso poiché implica la scelta di seguirlo nei dubbi più grandi e più radicali che pone, che sono di carattere filosofico e riguardano il problema di come la follia possa trovare un posto in una società organizzata e dominata dalla ragione.

 

La letteratura che oggi si occupa di Basaglia riguarda soprattutto i primi due o gli ultimi due aspetti della sua figura: il superamento dell’ospedale psichiatrico e la costruzione della nuova psichiatria; il suo posto nell’ambito della riflessione fenomenologico-esistenziale; la critica politica che porta ai processi di esclusione e alle ingiustizie; gli interrogativi di carattere filosofico.


C’è meno attenzione, invece, e quindi la necessità di nuovi contributi, per il suo lavoro di psichiatra volto da un lato a offrire al malato una relazione di cura rispettosa della complessità e del dolore che l’esperienza della malattia mentale comporta, a combattere il rischio di istituzionalizzazione che riguarda tutti i luoghi della psichiatria di ieri come di oggi, a sforzarsi di risolvere i problemi concreti che riguardano la possibilità per il malato di stare nella società affrontando la solitudine, la difficoltà a lavorare e conseguire un reddito, i timori che riguardano il disordine e i rischi che talora possono accompagnare la follia, il nodo di come garantire a lui spazi di libertà e al contempo farsi carico delle esigenze di sicurezza sua e delle altre persone.
E dall’altro lato impone la consapevolezza del fatto che, come la fenomenologia insegna, le scienze che si occupano della fondazione radicale dell’essere uomo, della mente e della libertà della persona, come la psichiatria, sono destinate a rimanere sempre pratiche del dubbio e della crisi.  
Scrive Basaglia che lo psichiatra, l’operatore della nuova psichiatria, devono sforzarsi di essere il portavoce, il sindacalista del paziente nel suo rapporto con la società e l’impegno che questo richiede agli uni e all’altra non è piccolo.
Basaglia è, per queste ragioni, uno psichiatra scomodo, divisivo, un rompiscatole che interroga incessantemente l’operatore della salute mentale e la società sul fatto se stiano facendo abbastanza per chi soffre di una malattia mentale, per aprirgli spazi sufficienti di libertà, benessere, dignità e responsabilità.

È proprio su questi aspetti che il libro, con le sue 480 pagine, si concentra, sforzandosi di misurare il lavoro clinico di Basaglia e gli interrogativi esigenti che pone con l’esperienza clinica dell’Autore, Paolo Francesco Peloso, attivo da trent’anni nei servizi pubblici di salute mentale in un’area, come la Liguria, che non appartiene ai luoghi dove Basaglia ha direttamente operato e ha lasciato più forte l’impronta.

 

La proposta di tornare a Basaglia e al dibattito psichiatrico dei suoi anni è decisamente controcorrente in anni, come questi, nei quali la psichiatria si ostina a guardare avanti e pensare di avere sempre qualcosa di nuovo da dire, e la psichiatria americana sta imponendo al mondo un neopositivismo  al quale sembra obbligatorio conformarsi. Non si tratta, dunque, del superamento dell’ospedale psichiatrico, sul quale sarebbe facile per un libro raccogliere quasi unanime consenso. Si tratta di chiedersi se, e quanto, sia necessario alla psichiatria di oggi ritornare indietro allo scomodo insegnamento di Basaglia nelle scelte e nei gesti che ogni giorno fanno gli operatori e nell’individuazione dei modelli organizzativi più adatti. Questioni sulle quali non è possibile cessare di interrogarsi perché non ci sono unanimità né certezze e, come Basaglia ha detto in un’occasione e vale ancora, “il discorso è aperto”.    

 

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